Terra Arte 2009 - Pinuccio Sciola
InstantMuseum Mefite - Foto 02
Terra Arte 2011 - Scorcio, chiesa di San Nicola
Terra Arte 2011 - Convegno, performance di Tony Bowers
Terra Arte 2003 - Cantiere III
InstantMuseum Mefite - Foto 28
Terra Arte 2012 - Mostra di Riccardo Dalisi. In primo piano Fortunato D'amico e Ettore de Conciliis
Terra Arte 2008 - Il poeta Mimmo Grasso recita accompagnandosi con la tammorra
Terra Arte 2006 - Luca Pugliese e Angelo Branduardi
Terra Arte 2004 - Scorcio
Terra Arte 2009 - Mauro Pagani
Terra Arte 2002 - Scultura di Gerardo Di Fiore


Arti Visive / Ciro de Falco



Dal 2003, nel cielo itinerante di Terra Arte brilla una stella di nome “Icaro”: un’elegante silhouette in plexiglas, la cui unità figurale di donna alata si disegna nella meccanica di frammenti tenuti insieme da un eroico volo liberatorio. Icaro è insieme illusione, speranza, delusione e riscatto di un desiderio di elevazione e di superamento del limite, perché il suo volo, come ci insegna il mito, è destinato a infrangersi nella caduta finale e l’unità della sua forma è chiamata a dissolversi e a ricompattarsi nei molteplici pezzi che la compongono.

L’autore di questa opera, provocatoria icona di un progressismo claudicante realizzata negli anni Settanta sullo sfondo di una Napoli dalle infinite contraddizioni, è Ciro de Falco. 

Artista pioniere di Terra Arte, de Falco si è spento il 6 giugno 2011, lasciando ai posteri un inestimabile patrimonio di sagome e di colori identificati da un linguaggio segnico e da un repertorio tematico del tutto personali, ma anche una grande lezione sull’indissociabile e necessaria coesione tra arte e vita, tra ricerca formale e antropologica.

Docente presso il Liceo Artistico di Napoli, de Falco inizia la sua attività negli anni Sessanta quale protagonista di quella militanza laboratoriale semiclandestina d’avanguardia che diede fermento e respiro alla vita culturale partenopea, convinto fin dagli esordi che l’arte non può sottrarsi all’impegno sociale, che deve offrirsi alle esigenze della collettività e che è suo compito contribuire al risanamento dell’emarginazione culturale, sociale e politica. Facendo dell’arte un vero e proprio strumento di lotta e di opposizione al sistema, de Falco scende in campo quale promotore del Gruppo Proposta ’66; collabora alla rivista «No», diretta da De Luca; nel 1972 promuove l’operazione “Contro la staticità dei monumenti” con Crescenzo del Vecchio; firma il documento sulla “Democratizzazione della cultura a Napoli”; nel 1975 promuove e coordina l’Open Laboratory di Napoli avviando un laboratorio aperto; dal 1978 partecipa con Gerardo Di Fiore ed Enrico Viggiano alle attività di Laboratorio Tre, gruppo che già l’anno seguente è protagonista di tre significativi interventi: Simbiosi ed Obelisco, a Martina Franca, e Il Lupo cerca Francesco, alla Biennale di Gubbio; nel 1980 il gruppo presenta I santi uccideranno i Papi al Centro internazionale di Brera.

Poi arriva la svolta. Gli anni Ottanta segnano il passaggio a una dimensione intima del fare arte, il ripiegamento traumatico nello spazio privato della bottega e nella pittura propriamente detta, il momento dell’autoriflessione e, terminata la “stagione informale”, l’approfondimento e la definizione di quel linguaggio – già messo in atto per esempio nella serie degli Icaro – al quale l’artista rimarrà fedele per tutto il resto della sua carriera, saldando i significati e i temi del suo operare a pirotecnici mosaici di silhouette pittoriche o scultoree, calandosi a picco nel gioco tragicomico di scomposizione e ricomposizione di una realtà letteralmente fatta a pezzi che si pacifica nel mito e nella fantasmagorica visione.

Le opere di Ciro de Falco sono state esposte in musei e gallerie in tutta Italia e anche in Europa.





Addio, Maestro!

Quasi non riesco a essere triste per la scomparsa del maestro Ciro de Falco. Un artista nasce sempre per vivere, difficile immaginarlo morire.
Erano i lontani anni Novanta quando, da giovane studente, condividevo le tanto diroccate quanto energiche scale di un palazzo del centro storico di Napoli con i passi “magici “di un uomo che un giorno si sarebbe rivelato icona profonda della mia memoria sensibile e guida empirica della mia carriera artistica. Ma all’epoca questo non potevo neppure immaginarlo. Look giovanile, jeans, camicia aperta e lunghi capelli legati sulla nuca: aveva appena settant'anni, allora.
Non potevo resistere alla curiosità di scoprire chi fosse, così un giorno, cerando il mio viso di reverenza, mi presentai all’uscio della sua porta. «Prego, entra» mi fu detto dalla sua voce fumante graffiata dalle Ms.
Cosa dire? Entrare nello studio di un grande artista è sempre un'esperienza luminosa. È come se l’architettura finisse di essere l’arte degli spazi chiusi. Lo sguardo viene attratto contemporaneamente in varie direzioni; le pareti, come una lettera sigillata, cedono il loro bianco a tante finestre che sembrano francobolli, e tu ti domandi: quanto tempo impiegherò a leggerla, questa lettera arrivata dalla vita?

Aria! Era questa la parola che esclamava il fondo della mia anima. Forme, colori, sagome, linee, generatrici, forze, che guizzavano dai cori delle varie tele, mi proiettavano verso la luce; una luce trovata negli angustissimi vicoli del centro, fra tanti cieli, fra tanti solai. Da quel giorno il maestro mi nominò suo allievo-assistente, con spirito sarcastico e allo stesso tempo cosmico.
Mai più il caso fu così preciso. I giorni passati seduto al suo fianco ad apprendere il tempo dell’arte, a scandire il profondissimo ritmo del pennello, l’alchimia del colore, le invenzioni di mondi paralleli o ortogonali, e la passione tangibile di una vera amicizia…
Poi fu la volta del mio ritorno in Irpinia. Non potevo non far volare i suoi uccelli qui, dove c’è tanto spazio e tanto cielo, non ospitare le sue silhouette nei miei campi, non essere il sacerdote che convogliava a nozze il suo futuro con il nostro eterno passato; non potevo non rendere i miei conterranei partecipi di tale emozione.
Ora, non mi resta che spingere per agevolare la rincorsa a quell’Icaro a te tanto caro che ci hai donato. Icaro, l’icona di chi vuole volare, quell’Icaro che a volare ancora non ha imparato, ma che sicuramente è stato l’artefice del nostro incontro…
Buon volo, Maestro!


Luca Pugliese, «Il Mattino» (Avellino)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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